Per quanto riguarda la messa in scena del nostro Othello, sono partito da tre concetti chiave:
la mia idea di teatro, le caratteristiche degli attori protagonisti, la riduzione ed elaborazione drammaturgica fatta da Federico Grassi.
QUALE TEATRO
La mia idea di teatro, che prende sicuramente le mosse dalla tradizione, parte sempre dal rispetto per il pubblico e cerca quindi di essere innanzitutto "spettacolo", un evento che deve emozionare, intrattenere e rifuggire dagli intellettualismi e dalle eccessive astrazioni.
Un teatro quindi che non dimostri ma agisca, respingendo l’“esteriorità” e sposando l’ “estetica”. Ciò si traduce in allestimenti agili e serrati (il nostro Othello dura 100’) nei quali si parte innanzitutto e imprescindibilmente dalla qualità del testo e degli attori e dove le scenografie, i costumi e le musiche (possibili) si inseriscono in modo armonico in questo sistema, in questa macchina teatrale.
QUALI ATTORI
Il nostro Othello è Mamadou Dioume, attore di livello internazionale.
Lo spettacolo è indissolubilmente legato a Mamadou, un Othello maturo e africano.
Queste sue caratteristiche, esplicitamente e implicitamente, hanno fornito una grande ricchezza e tante possibilità al nostro allestimento, a partire dalla sua meravigliosa fisicità da superuomo, da uomo perfetto, dalla sua presentissima e fiera africanità, dalla sua voce profondissima e da quella parlata esotica e altra, che ne fanno un Othello oggettivamente perfetto.
La sua presenza è stata una grande fonte di ispirazione.
A Mamadou Dioume consegue e si integra uno Iago interpretato da Federico Grassi.
Federico, attore di grandissima solidità ed esperienza, è uno Iago diverso da quell’iconografia classica di personaggio “fognino” e bieco.
Fisicamente grande e imponente, Federico è un attore eroico che dà vita a uno Iago sorprendentemente efficace.
Mamadou e Federico insieme evocano un bell'equilibrio di potenza e fisicità, determinando un fatto teatrale importante e originale.
Le loro compagne femminili (Desdemona ed Emilia) sono interpretate, rispettivamente, da Giulia
Briata e da Stefania Pepe, attrici di valore che hanno la capacità e la forza di affiancarsi e di sostenere la scena insieme a loro, portando allo spettacolo quella completezza e quella circolarità che spetta ai loro personaggi.
Questi attori costituiscono e determinano una Compagnia di elevato livello.
QUALE TESTO
Federico Grassi mi ha consegnato un copione colto ed equilibrato, frutto di un lavoro filologico,
letterario e drammaturgico rigoroso e consapevole.
Il lavoro si fonda sulla relazione e sul desiderio mimetico.
La relazione L’architrave del testo è basata sul rapporto incrociato tra quattro personaggi (Othello, Iago, Desdemona ed Emilia), che – di volta in volta – interagiscono in modo parallelo o triangolare, offrendo un ordine geometrico ai rapporti e al vedere scenico.
Il grande regista Iago spesso sta in disparte ad assistere all’ “opera sua”, ma anche Desdemona ed Emilia riescono a impossessarsi talvolta di questo ruolo di direzione.
L’unico che ruota e agisce in posizione passiva è proprio colui che, per ruolo, dovrebbe essere il sommo “ordinatore”, ovvero Othello che una volta esclamato (all'inizio della commedia/tragedia): “La guerra è finita” si trova di fatto in un territorio alieno dai suoi talenti di condottiero e dimostra tutta la sua fragilità di uomo.
Quella battuta, “La guerra è finita”, contiene in sé un’accezione positiva ma in realtà è la peggiore delle notizie perché darà il via al climax della vicenda ponendo le condizioni ideali per il proliferare della tragedia.
Cassio e Roderigo (insieme alla voce di Brabanzio) sono personaggi funzionali e importanti per la struttura drammaturgica e rappresentano quell'area di piano necessaria in cui finisce una rampa e ne inizia un’altra che porta diritta agli inferi.
Il desiderio mimetico Othello, il dramma della gelosia. Sì, è vero, senz'altro; ma nel nostro lavoro abbiamo provato a concentrarci anche e soprattutto su quello che René Girard definisce “il desiderio mimetico”: troviamo questa dimensione fondativa dell’opera e straordinariamente attuale e presente nelle vicende dei nostri giorni.
“Tutte le azioni dell'uomo sono determinate dal suo desiderio di emulare e imitare (desiderio mimetico) qualcuno che gli appare felice, perché egli spera di arrivare a possedere la stessa felicità” diceva il famoso antropologo francese; e se non riesce ad averla (e Iago non potrà mai avere quel tipo di felicità) allora può arrivare a generare sentimenti di invidia e di odio
e a desiderarne la sua distruzione (ed è proprio questo che fa Iago: distrugge la felicità e la serenità di Othello).
“Chi imitiamo esattamente? Imitiamo le persone che stimiamo e rispettiamo”, e Iago stima e ama Othello (“Che vi voglio bene lo sapete”, dice con sincerità durante il primo dialogo con il Moro, una delle scene madri dell’opera).
LA VICENDA
Othello è una storia di soldati, di caserma, di donne di soldati, tra i quali si inserisce Desdemona, che non c’entra nulla con questo mondo (“La mia sposa guerriera” dice Othello con orgoglio ma con scarso senso della realtà). Una storia di soldati in mezzo a un mondo militarizzato, dove la guerra è fatto e prassi quotidiana.
Questo piccolo esercito parte per Cipro per un’altra, ennesima, battaglia ma – ancora prima di arrivare – sa che questa guerra non si farà più perché la flotta turca è stata distrutta dalla tempesta. E allora si crea un vuoto, uno “spazio” (o un "caos", parafrasando questa parola
usata più volte da Othello) dove si perdono le coordinate e le rassicuranti regole comportamentali dei militari e dove i disegni e il livore di Iago possono trovare possibilità e linfa di germinazione,
oltretutto in una zona franca, lontani dalla Patria e dal controllo del potere politico che impone dei
limiti e delle impossibilità.
Il testo inizia (e va avanti per un bel po’) decisamente sui toni della
commedia (Iago ha sicuramente in sé l’arguzia e la cattiveria dei personaggi della Commedia
dell’Arte, Roderigo pare addirittura un comico, un carattere). “Lo scarto con quanto succederà è
enorme”.
I PERSONAGGI
OTHELLO – il grande condottiero, imponente, nero, straniero, altro, ma nel suo intimo così fragile e ingenuo, l’opposto esatto della sua immagine. Colpisce il suo “impaccio” nell'approcciare
Desdemona, come se aleggiasse sempre una consapevolezza inconscia, un certo imbarazzo, verso una relazione che non può essere.
IAGO – non è un vero e proprio “cattivo”; Iago è scaltro e furbo. Ha un'intelligenza istintiva ma è di fatto un mediocre (ed è Emilia che lo svela più volte al pubblico nella sua vera essenza). È decisamente un soldato, amareggiato da una mancata promozione. Geloso e invidioso; si sente tradito. Inizia il suo infernale, tragico gioco con un’inezia, con un nonnulla che cresce cresce cresce fino a travolgere tutto e a dargli un senso di appagamento per aver potuto, per essere riuscito a influire così tanto sulle vite di altri più importanti di lui.
DESDEMONA – è una ragazzina, inesperta, borghese e viziata, ma anche molto moderna: sarà per provocazione, sarà per innamoramento fa, riesce a fare qualcosa di impensabile.
È inevitabilmente l’agnello sacrificale di un mondo che non le appartiene, di “un mondo fuori dai
cardini”.
EMILIA – anche questa figura femminile nasce nei canoni della tradizione e delle consuetudini (moglie di un soldato, popolana) ma riesce alla fine a fare qualcosa di clamoroso: si ribella, inveisce contro il potere e contro l’ordine delle cose e della società.
E’ un personaggio importante e ha una funzione equilibrante nell'opera.
RODERIGO – è un personaggio fondamentale sia dal punto di vista drammaturgico sia per la macchina teatrale perché lega le vicende e i personaggi. È un “capro-espiatorio”, così come Lee Harvey Oswald lo fu nella vicenda dell’assassinio di Kennedy (senza Oswald non avrebbe potuto esserci l’agguato di Dallas).
L’APPROCCIO REGISTICO
Othello è un’opera cardinale e impone scelte nette.
Come tutti i capolavori shakespeariani Othello è una "matrioska" con illimitati livelli di interpretazione e analisi; è per questo che si mette in scena ininterrottamente da quattrocento anni.
La scenografia
L’impianto scenografico è basato su un praticabile che occupa tutto il palcoscenico con un letto in
zona centrale a rappresentare l’elemento simbolico. Una struttura meta-teatrale quindi.
A tre quarti scena sale e scende durante lo spettacolo un velatino che è utile per la narrazione dei diversi livelli di intimità e di situazione narrati nell'opera.
Il fondale è retroproiettato per tutta la durata della pièce, con video simbolici, evocazioni di interni ed esterni, interventi di graphic art e ampio utilizzo di cromo-grafie.
La retroproiezione mi interessa moltissimo per le sue possibilità prospettiche, emozionali e
metaforiche, che offrono allo spettacolo e al pubblico un indiscutibile valore aggiuntivo.
Le musiche
Il teatro vive di contrasti e anche le musiche del nostro Othello vanno in questa direzione.
Ho subito pensato a una commistione di generi musicali che sono stati arricchiti e ispirati anche dalla presenza di Mamadou Dioume.
La colonna sonora è quindi rappresentata da una collezione di brani che vanno dal Barocco veneziano alla musica sperimentale, da musiche africane ai rap, da una selezione di suoni astratti al folk anglosassone (per la canzone del salice)
La recitazione
Provengo e credo nella tradizione, nel teatro di parola. Gli attori della Compagnia sono dei Maestri in questa dimensione, pur consentendo ulteriori possibilità attorali.
Diciamo le parole di Shakespeare rispettando le parole di Shakespeare, ma in alcuni momenti dello spettacolo ci concediamo una recitazione più rarefatta che si integra con tutto l’impianto estetico dello spettacolo.
Marco Alberghini